Non bisogna quindi concepire la poesia come un qualcosa di vecchio e di stantio, ma, proprio in funzione dell’oggi, bisognerebbe rivalutarne, riconsiderandone in toto, le sue potenzialità narrative.
E il libro “I giardini di Alcatraz” di Giuliana Murgia ne è un fulgido esempio: un vero e proprio percorso, una sorta di “romanzo dei ricordi” dove passato e presente s’intrecciano, in un excursus lirico di primissimo livello, dove l’individualità, e le esperienze di vita, della poetessa emergono chiaramente, in una sorta di dialogo con il lettore e la divinità. Lettore che entra nella mente di Giuliana, ne compenetra i sentimenti, ne prova, sulla propria pelle, le gioie e i dolori: <
Una silloge che si può leggere tutta di un fiato, ma anche da centellinare giorno per giorno, momento per momento; in particolare, per l’animo disincantato della poetessa, colmo di commoventi ricordi e sentimenti, di metafore universali, di immagini raggianti di vita e di speranza, in uno stile letterario concreto e familiare, che mantiene una versificazione sciolta e tradizionale, ma liberata da limitazioni sintattiche e metriche.
Il tutto arricchito dalle tavole di Barbara Visca, illustratrice Borgomanerese d’origine, ma ossolana d’adozione. Cosa accomuna le due donne? Un percorso di crescita costante. Giuliana, nel susseguirsi delle poesie “matura” sempre di più, sino ad arrivare all’epilogo di “Atto di fede e di dolore”; Barbara, invece, cresce nel suo modo di illustrare, dovuto alla maternità. Da uno stile figurativo e realistico si passa a uno più spontaneo, meno rifinito (seppure gli anni di Accademia si sentano chiaramente nello studio della volumetria e della resa paesaggistica e anatomica), ma forse proprio per questo più efficace.
Un libro, questo, che “dipinge”, sia con le parole che con le immagini, i “Giardini di Alcatraz” che ognuno, personalmente, si costruisce per sopravvivere.