La rassegna espositiva proporrà come tema di fondo tre viaggi, tre finestre che dai tre piani dello storico edificio si apriranno proponendoci un affascinante e delicato itinerario attraverso quelle tematiche estetiche ed emozionali che da sempre sono il tratto distintivo dell’artista lomellina.
Innanzitutto le sue donne: belle, sovente senza volto, essenziali, a rappresentare il suo ideale di mondo, senza imperfezioni o volgarità; a volte con le ali, quasi a rammentare l'angelico che si nasconde in queste creature.
Poi il lato severo di una esistenza troppo spesso banale, che ripete all’infinito i suoi gesti, si trastulla con le sue antiche certezze oggettuali e ogni tanto raccoglie cocci di vite smarrite. Infine i sogni, gli infiniti desideri di fuga ma anche la serena consapevolezza che il sogno è anche speranza, quella che può riportare ciò che si pensava smarrito e a nuova vita quello che pareva perso, destinato all’oblio. Attratta dalla ricerca e dalla sperimentazione di nuove tecniche, Rita Viarenghi è un artista versatile ed eclettica, ma anche caparbia e schiva. Giunge alla pittura attraverso uno studio severo e rigoroso, vanta un percorso artistico lungo, vivace ed articolato ma è anche l’animatrice appassionata di gruppi artistici e infaticabile organizzatrice di eventi culturali e d'arte.
Il suo sguardo si posa instancabilmente sulla realtà, su quella quotidianità che, almeno artisticamente, spesso ci appare insignificante e che lei invece rielabora con lo sguardo dell’originalità.
Ogni evoluzione del suo percorso stilistico assorbe le tracce di quella precedente, lasciandocela intravvedere attraverso velature e sovrapposizioni, nelle stesure cromatiche trasparenti e fra le trame di texture impalpabili. Nelle sue opere tutto sembra sospeso, silenzioso, in attesa. E in questa attesa ogni cosa vibra nella luce, mentre i colori si compongono in orchestrazione perfetta.
E' quest'ordine, quest'equilibrio a far credere all'incantesimo dell'immobilità, ma a ben vedere c'è sempre un assolo splendente, una deflagrazione solare, squillante. La pittura di Rita è il canto corale della vita in un'estate che sembra non finire mai: un inno alla gioia. Quello che sembra muto, porta in sè il soffio dell'esistenza: flebile, ma perenne. E' il sussurro che richiama il giorno, acquattato tra le pieghe dei volti e delle cose, è un invito ad ascoltarlo, opera dopo opera, in un crescendo gioioso, in una sinfonia di toni e di raffinati giochi di luci ed ombre che creano un effetto velo che pare coprire le cose, eppure le svelano.
Ospiti d’onore della mostra saranno alcune opere dell’amico scultore Maurizio Marioli. Il ferro è la sua seconda natura, non è quel materiale freddo che tutti noi conosciamo, per lui è solo un “ nobile ” e docile strumento da plasmare e da asservire al suo straordinario estro creativo. Da pezzi di ferro di recupero, nascono allora giganti scavati che trascinano a fatica un destino di dolore. Di fronte a questi titani ci si confronta con una umanità perduta e vinta mentre i suoi musici intonano un concerto fatto di silenziose, struggenti armonie e leggiadre ballerine danzano un inno alla vita.
La mostra si svolgerà presso la Torre di Battiggio (Vanzone con San Carlo - VB) dal 2 al 23 agosto 2015. Sarà visitabile tutti i giorni dalle ore 16 alle 18 con ingresso libero .
La location:
Sita in nel comune di Vanzone con San Carlo (VB), la torre di Battiggio, detta "dei Cani" è monumento nazionale ed è costruita in pietre locali squadrate: una caratteristica della Valle Anzasca.
Non è conosciuta la data di edificazione e nemmeno il motivo della sua presenza: si può pensare che servisse come rifugio momentaneo a qualche signorotto del luogo oppure a deposito sicuro per la conservazione di derrate alimentari che dovevano essere distribuite in valle.
Uno storico locale nel 1836 assicurava di aver visto scolpito l'anno 1408 sull'architrave di una finestra ora rovinata. Secondo la tradizione, questa torre fu il deposito dei tesori della famiglia di Facino Cane, che intorno alla seconda metà del XV secolo sfruttò le miniere d'oro della vallata e batté anche moneta. Leggende non ne mancano: si dice ci sia un collegamento sotterraneo con la torre di Lancino.
Forse fu il luogo dove venivano trattenuti i nemici della famiglia Cane. La torre è stata recentemente ristrutturata, ricostruendo per intero la parte alta della muratura e il tetto crollati: i suoi quattro piani sono adibiti a ecomuseo, sede di mostre ed eventi temporanei. Racchiude, insieme alla modernità architettonica dei recenti restauri, tutto il fascino medievale delle pietre locali lavorate ed è situata nei pressi dei resti dell'attività di lavorazione dell'oro delle “Miniere dei Cani”, a pochi passi dal Torrente Anza.